Billets du carnet de recherche
  • Monday, March 12, 2018
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    In omaggio a Giuseppe Galasso (1929-2018)

    Serena Morelli (Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”)

     

    Giuseppe Galasso

    Ci sono persone che pensiamo siano immortali e, per quanto consapevoli dell’irrealtà di un simile pensiero, quando ci lasciano ci colgono di sorpresa, perplessi, addolorati e con il senso di una perdita incolmabile. E’ stato così per Giuseppe Galasso che, a 88 anni, era ancora un punto di riferimento imprescindibile per gli storici, per gli intellettuali e per tutti coloro che a Napoli lavorano e credono nel futuro di questa città.

    Allievo di Ernesto Pontieri, Galasso è stato uno dei primi borsisti dell’Istituto italiano di studi storici dove ha seguito le lezioni di Chabod e Momigliano. Ha insegnato storia medievale e moderna all’università Federico II di Napoli, poi storia moderna al Suor Orsola Benincasa ed è stato nominato accademico dei Lincei. I titoli non bastano però a raccontare la personalità di una figura che giganteggia nel panorama storiografico internazionale. Avrebbe potuto insegnare con la stessa maestria anche la storia antica e quella contemporanea, ha formato diverse generazioni di studiosi e amava ricordare di sé che aveva iniziato come maestro di scuola elementare, per spiegare, con sicuro understatement, la sua indiscussa abilità didattica. Storicista convinto, non ha mai smesso di seguire tutto ciò che nel XX secolo ha trasformato oggetti e metodi della ricerca storica ed in Francia ha intessuto rapporti di intenso scambio intellettuale con l’effervescente comunità di studiosi. Convinto della necessità di legare la ricerca storica e la vita civile si è impegnato a lungo in politica e come sottosegretario ai beni culturali ha redatto la migliore legge per la tutela del paesaggio che si è avuta in Italia, nota come “Legge Galasso”. La sua dedizione, mai interrotta, alla causa del patrimonio culturale e artistico del nostro paese lo ha portato a lavorare per numerose istituzioni culturali, come la Storia patria di Napoli, l’Ente Ville vesuviane, la Biennale di Venezia, e a curare le grandi raccolte di storia per la Utet, Laterza, Einaudi, nelle quali l’impareggiabile dono della sintesi non tradisce mai la ricerca analitica delle vicende storiche.

    Non sono stata una sua allieva in senso stretto. Pur avendo seguito le sue lezioni all’università, ho avuto modo di conoscerlo meglio negli anni successivi, mentre inseguivo il bandolo delle mie ricerche. Le sue idee sul feudalesimo meridionale, l’importanza che i normanni ricevevano nella sua ricostruzione della storia del Mezzogiorno e l’impronta feudal-amministrativa creata dai primi sovrani del regno di Sicilia attraverso le contee, hanno spinto tanti medievisti a seguire i percorsi di ricerca da lui tracciati. Il libro sulla Calabria nel 500, le ricerche su Napoli capitale, le indagini sulla popolazione del Regno e quelle sulle città campane nell’alto medioevo costituiscono solo alcune delle pietre miliari della storiografia “galassiana”, imprescindibili punti di riferimento per tutti gli studiosi del Mezzogiorno medievale. Ma la sua ricerca di meridionalista, convinto che il sud d’Italia aveva connessioni profonde con la storia europea e con il Mediterraneo, lo ha portato a investire parte delle sue inesauribili energie anche in imprese scientifiche volte ad integrare il Mezzogiorno in aree molto più vaste. Partecipò così ad un’importante iniziativa dell’archivio di Marsiglia dal titolo evocativo La diagonale angevine, favorendo l’incontro tra scuole di nazionalità differente e, all’epoca, ancora poco in comunicazione. Da allora non ha mai smesso di interessarsi alla causa angioinista. Nel 1995 è stato tra gli organizzatori, con gli amici Noël Tonnerre e Girolamo Arnaldi, del convegno di Roma su l’État angevin (sotto il patrocinio dell’École francaise de Rome e dall’Istituto storico italiano per il medioevo) che ha segnato la rinascita di quegli studi. Una rinascita dovuta anche alla nuova koiné di studiosi di provenienze geografiche diverse, alla cui formazione Galasso ha tanto contribuito. E’ anche per questo che, nell’ottobre 2011, Jean Paul Boyer e gli storici provenzali gli hanno voluto conferire la laurea Honoris causa all’università di Aix-Marseille ed organizzare in quell’occasione un seminario, anche questo dal titolo assai simbolico, sulle identità angioine. Identità plurime, ma legate da una comune appartenenza all’interno di uno spazio, sfuggente e mutevole, che pure ha incluso buona parte dell’Europa in un periodo cruciale per la storia dell’Occidente medievale. Uno spazio sul quale Galasso è intervenuto anche di recente quando ha seguito, con la disponibilità di sempre, i lavori del convegno organizzato a Napoli nel 2014 sulle Periferie finanziarie angioine. Prodigo di riflessioni e di consigli, ha accettato l’ingrato compito di redigere le conclusioni dei lavori. E delle realtà angioine, “figlie delle tradizioni e delle vocazioni del mondo europeo”, ha ricordato la storicità con le loro lente o improvvise trasformazioni, ed ha invitato ad indagarne ancora aspetti e problemi per evitare che “la forza corrosiva della storia” cancelli la memoria del nostro passato. Anche la sua sconfinata fiducia nella ricerca e l’apertura, laica e disinteressata, verso tutti coloro chi vi si dedicano sono lezioni che ci lascia in eredità e che dovremo preservare e sapere utilizzare.

    Serena Morelli