L’inchiesta generale di Leopardo da Foligno
Questa sezione riguarda un lavoro collettivo, l'edizione e l’utilizzazione scientifica di un documento del XIV secolo, una grande inchiesta generale che Roberto (1309-1343), re di Sicilia, nonché conte di Provenza e di Forcalquier, decise d'intraprendere nell’agosto 1331 in tutti i suoi possedimenti provenzali. La sezione non presenta solo l'équipe internazionale di studiosi raggruppati attorno a questo progetto, ma anche diversi aspetti del documento e degli strumenti di riflessione (bibliografia, duplicati ecc.) L’inchiesta si presenta oggi sotto la forma di 29 registri manoscritti, conservati negli Archives départementales des Bouches-du-Rhône, per un totale di circa 2500 folii. Nel XIII e XIV secolo, numerosi principati d'Occidente praticano questo tipo d'inchiesta amministrativa, fiscale e demaniale, che si basa sulla deambulazione e la cui procedura caratteristica beneficia delle evoluzioni del sapere e delle pratiche giuridiche del tempo.
Il 24 agosto 1331, il re Roberto di Napoli ordina un'inchiesta generale in tutti i suoi possedimenti provenzali, al fine di determinare i contorni esatti del suo dominio e dei suoi diritti, di valutarne le risorse, di lottare contro abusi e usurpazioni commessi dai suoi ufficiali locali, dalle comunità o dai signori. Essa fa seguito alle inchieste generali condotte da Carlo I d’Angiò nel 1251 ca. e da Carlo II nel 1297-1299. Assente da queste terre dal 1324, ansioso per il futuro della sua dinastia dopo morte nel novembre 1328 del suo unico figlio e erede Carlo, duca di Calabria, il re preconizzò una serie di misure destinate ad assicurare la fedeltà dei suoi sudditi all’erede, sua nipote Giovanna (futura regina Giovanna), o in mancanza, alla sorella di questa ultima, Maria. L’anno 1331 fu segnato da una serie di prestazioni d'omaggi e di fedeltà nel regno di Napoli e nelle contee di Provenza e Forcalquier. Così, la decisione di un'inchiesta generale si deve leggere in tale quadro d'instabilità. Essa costituisce contemporaneamente uno sforzo d'inventario delle risorse, di riorganizzazione dell'amministrazione locale ai fini di ricerca degli abusi e delle concessioni demaniali, e di ripristino del legame di fedeltà dinastica. Assume così ugualmente un significato fiscale, demaniale e politico e racchiude un'innegabile portata ideologica.
I due inquirenti incaricati di portare a buon fine tale operazione provengono dall'entourage reale. Ma, siccome il siniscalco di Provenza di allora, Filippo di Sangineto, e il suo giudice Giovanni di Giovinazzo, si sono trovati impossibilitati, per cursus honorum, e in contatto con il defunto Carlo di Calabria, il primo inquirente prescelto, Niccolò di Acerno, è vescovo di Bisignano, in Calabria. Proviene da una famiglia nobile vicina ai Sanseverino e ai Sangineto. Il suo ruolo però è limitato: compie la sua missione solo nell’autunno del 1331, indagando nella vicaria di Aix-en-Provence, in una località chiamata l’Île-Saint-Geniès, una parte dell'attuale Martigues (Bouches-du-Rhône), dove il re annovera diritti di pesca molto lucrativi e di saline. Trasferito dal papa Giovanni XXII nella diocesi di Nola dall’ottobre 1331, poi scompare dalla documentazione provenzale. L’attività di Niccolò in Provenza quindi si limita all'inchiesta che ha condotto fra ottobre e dicembre del 1331, e forse all'inizio di quella condotta a Tarascon (Bouches-du-Rhône) nel gennaio1332. È quindi sul secondo inquirente che si basa il grosso dell'inchiesta generale: Leopardo Napoleonis da Foligno († vers 1340), arciprete di Benevento, canonico da Foligno, di Melfi e di Napoli, cappellano e consigliere reale. Successivamente aiutato da notai peninsulari, poi da due notai provenzali impiegati successivamente da agosto 1332 e da marzo 1333, accompagnati da una seguito di parenti venuti anche dall'Umbria, egli conduce l'inchiesta generale da gennaio 1332 fino al primo semestre del 1334, percorrendo tutta la Provenza, e visitando quasi tutte le circoscrizioni amministrative.