L'Europa angioina

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Il mondo angioino presentazione

                   Il mondo angioino

I territori angioini, di cosa si tratta? Questi principati e terre diverse (vedere Europa angioina mappa) governati in successione da due famiglie principesche tra il 1246 e il 1481, l’una discendente dai conti capetingi d'Angiò e dal capostipite Carlo di Francia, fratello del re Luigi IX (1226-1270); l'altra dai Duchi d'Angiò Valois, con Luigi, fratello del re Carlo V (1364-1380). Carlo I costituì immediatamente una vasta area di dominazione: sposando Beatrice di Provenza nel Gennaio 1246, diventò conte di Provenza e di Forcalquier, per poi ricevere da parte del fratello, nell’agosto dello stesso anno le contee d’Angiò e del Maine. Ottenne la sottomissione di diversi comuni italiane dopo il 1259, il titolo di Conte di Tonnerre nel 1258 in occasione del suo secondo matrimonio, poi di senatore di Roma nel 1263; diventò re di Sicilia nel 1265, comprò la Corona di Gerusalemme nel 1277, conquistò l'Albania e acquistò il Principato di Morea nel 1278. Nonostante la perdita dell'isola di Sicilia nel 1282 a vantaggio degli Aragonesi, suo figlio Carlo II, sposo di Maria di Ungheria, impose suo figlio Carlo Martello in quanto re di Ungheria nel 1290. Nominò anche un altro figlio, Raimondo Berengario, Conte di Piemonte nel 1304. Il ramo ungherese si liberò da quello siciliano, e s'impose alla testa del Regno di Polonia nel 1370. Infine Roberto di Napoli moltiplicò alleanze e signorie a nord e a sud della penisola italiana, diventò Signore a Genova nel 1318, a Firenze nel 1325, e ottene dal Papà Giovanni XXII il vicariato imperiale in Italia.

 

La seconda casa d'Angiò, discendente dall'adozione da parte di Giovanna di Napoli di Luigi I d'Angiò nel 1380, finì per concentrarsi nuovamente sui possedimenti di Francia e di Provenza, facendo passi indietro nel Regno di Napoli, definitivamente perso dopo 1442. Renato, nipote di Luigi, fu anche Conte di Guisa, Marchese di Pont-à-Mousson, Duca di Bar e Duca di Lorena, diventando anche Conte di Provenza e di Forcalquier, alla morte di suo fratello maggiore Luigi III d'Angiò, poi Conte di Piemonte, re di Sicilia, re di Gerusalemme, e pretendente alla corona aragonese.

 

Al di là delle aleatorie unioni personali, dei titoli senza un reale contenuto, delle dominazioni più o meno effimere, dell'epopea delle conquiste e dell'amarezza delle sconfitte, esiste una sorta d’unità di tale insieme che evolve in area europea e mediterranea? Probabilmente no su una scala di tempo e di spazio globale, ma certamente sì in termini di politica, di diplomazia, di rappresentazioni e di esercizio del potere, di circolazione di uomini, delle idee e dei gusti. Gli studi angioini s'impegnano, come opportunità di lavoro comune e di livello internazionale, a dipanare la matassa di questa lunga storia di Stati discontinui, e senza posterità ai tempi contemporanei; a confrontare i metodi e le storiografie nazionali; a mettere in comune fonti e saperi per progredire nella conoscenza di quel che fece lo Stato medioevale e l'Europa.


Le origini delle due case d'Angiò-Provenza-Sicilia

 

La prima casa d'Angiò

La casa d’Angiò-Sicilia-Ungheria

La seconda casa d'Angiò

 


tra parentesi = date del regno di un sovrano, data di morte, date di attestazione o di vita

senza parentesi = data di matrimonio, date di vita di coppia e vedovanza per un coniuge, data di accesso al titolo


Il mondo angioino mappa

Stato dell'arte

Il programma presentato da questo portale deriva da una fruttuosa riflessione realizzata negli anni ‘90 del secolo scorso da diverse équipe e generazioni di studiosi. Segnata da convegni internazionali che hanno risvegliato gli studi detti “angioini” rimasti in sospeso dal Dopoguerra, in seguito  allo scoramento dei ricercatori seguito alla distruzione, nel 1943, dei registri dell’Archivio di Stato di Napoli .

 

Vista della baia di Napoli dal Vesuvio, foto Marion Picker

 

In primo luogo, grazie al sostegno dell'École Française de Rome e dell'Istituto Storico Italiano per il Medioevo, fu condotta una prima fase di ricerca intorno al personale delle istituzioni centrali angioine in un quadro internazionale il cui primo tomo inaugurale, dedicato allo Stato angioino (1996), costituisce un momento chiave. Tra il 1998 e il 2010, altri incontri hanno permesso di riflettere e di ampliare la conoscenza sulla monarchia angioina, sulla nobiltà, sui modi di governare, sulla diplomazia, sulla cultura clericale, sugli scambi personali e sulle reti che si sono potute crearsi nell’ambito dell’area d'influenza politica. Tali lavori hanno così permesso di evidenziare con precisione il profilo, l'origine e la formazione del personale politico incaricato di rappresentare l'autorità principesca nei territori sottoposti alla dominazione angioina. Ma spesso sono rimasti frazionati, specifici ad aree circoscritte, per mancanza di uno strumento e di un'iniziativa collettiva.

 

Così, per i domini mediterranei, la Provenza è stata l’oggetto di uno studio accurato per il XIV secolo: J.-L. Bonnaud ha potuto  ricostituire la circolazione degli ufficiali locali durante i regni di Roberto e Giovanna (tra il 1309 e il 1382), e analizzarne le carriere e le strutture. Ha fornito una prima banca dati completa, ma in forma statica (pdf in cd-rom). Le sue ricerche proseguono attualmente fino al 1434. Michel Hébert (Université du Québec in Montréal) e Noël Coulet  (Université d'Aix-Marseille) hanno considerato la comparsa delle istituzioni centrali (Camere dei conti) rinnovando un'antica e fruttuosa tradizione della storiografia (R. Busquet). Thierry Pécout (Université de Saint-Etienne) ha proseguito in questo senso considerando il personale e i metodi di governo dell'istituzione centrale (Maestri Razionali, Archiviali), mentre Jean-Paul Boyer (Université d'Aix-Marseille) ha esteso le sue analisi fino al Regno (Bartolomeo di Capua) in una prospettiva di storia culturale. Tuttavia gli ufficiali centrali rimangono poco conosciuti, nonostante l'antico repertorio di Fernand Cortez (1921), che del resto sarà da revisionare. Conviene inoltre proseguire le ricerche della M.-R. Reynaud sul personale centrale e locale della seconda casa d'Angiò. Infine, una riflessione sugli uffici stessi, sulle loro elaborazioni e le loro strutture, in particolare il siniscalcato, meriterà una particolare attenzione, rispetto alle recenti ricerche condotte soprattutto sugli uffici nel seno della monarchia papale (A. Jamme).

 

Altre ricerche si sono maggiormente interessate all'Italia, ma in modo meno sistematico (lavori di M.-T. Caciorgna, P. Grillo, S. Morelli, S. Pollastri, e R. Rao). Per la regione romana, sulla quale è esercita una influenza angioina indiretta, non esiste alcuna lista di ufficiali. Invece diversi studi svolti dal gruppo di ricerca coordinato da M. Caciorgna hanno evidenziato la presenza di ufficiali angioini a diversi livelli dell'amministrazione comunale. Tuttavia le modalità della loro integrazione nei governi delle città, i loro legami con l'élite locale, non sono stati ancora oggetto di studi dettagliati che permettano di capire i processi in atto a cavallo dei secoli XIII-XIV, momento di genesi istituzionale per la monarchia angioina. Numerosi territori sotto la dominazione angioina rimangono a margine. Bisognerebbe così avviare studi sugli ufficiali e loro mobilità per la Toscana, l'Angiò e i Balcani. Per il Mediterraneo, un recente studio di G.-L. Borghese ha sottolineato l'attività di un personale regnicolo numeroso.

 

Il cielo sul castello di Angers, foto Thierry Pécout

 

Più specificamente per le aree dell'Italia centro-settentrionale e della Provenza, l'attenzione portata agli ufficiali angioini risale almeno a un secolo, con le liste date da F. Cortez e L. Bertano che oggi appaiono lacunose e imprecise. L'interesse è rimasto vivo, come si nota a proposito dei grandi collaboratori del Principe (si veda il Dizionario Biografico degli Italiani), ma bisogna aspettare questi ultimi decenni con il risveglio degli studi angioini affinché gli ufficiali siano di nuovo riconsiderati, almeno parzialmente. Le carenze della ricerca sono tuttavia numerose: l'approccio biografico ha prevalso su una prosopografia capace di misurare in modo preciso le modalità e le caratteristiche della circolazione degli ufficiali. A eccezione di studi recenti, l'interesse si è soprattutto focalizzato sugli ufficiali centrali, a scapito degli ufficiali locali (vicarii, baiuli, clavaires). Mancano tuttora studi sistematici in grado di considerare le specificità regionali e d'integrare, in una riflessione ampiamente comparata, i circuiti della pubblica amministrazione nell'insieme dello spazio angioino.

 

Per il Regno di Sicilia-Napoli, sia per il repertorio e la conoscenza delle fonti, o per le sfide istituzionali, amministrative e prosopografiche, la ricerca ha compiuto importanti passi avanti nella conoscenza di un periodo essenziale del Mezzogiorno medioevale negli ultimi venti anni. Alla luce della documentazione, la scoperta di fondi di ricercatori (archivio Cadier e fondo Sthamer) ha dato un nuovo impulso parallelamente all'acquisizione d'archivi privati da parte dell'Archivio di Stato di Napoli, alla pubblicazione dei 50 volumi dei Registri ricostruiti della Cancelleria Angioina, allo studio delle carte monastiche pubblicate da Carlone, all'edizione delle Carte di Léon Cadier curata da S. Morelli. Gli studi si sono orientati in varie direzioni tra le quali si nota il tema della continuità (amministrativa, istituzionale, culturale) tra periodi svevo e angioina (Centro di Studi Normano-Svevi), quello del radicamento dei poteri e della società politica nel territorio (S. Pollastri, G. Vitolo), quello della geografia amministrativa del Regno (S. Morelli, P. Peduto, A. Somaini). I risultati sono determinanti per il primo periodo del Regno angioino, dimostrano la dinamica delle sue strutture sociali, economiche e amministrative, superando i pregiudizi storiografici che relegarono il Mezzogiorno nell'immobilismo del mondo feudale. I campi della ricerca che si sono aperti sono numerosi e rimangono fruttuosi. Rimane poco conosciuto il secondo periodo della monarchia Angioina che patisce ancora di una notevole riduzione delle fonti.

 

È soprattutto in questa direzione che il presente programma potrebbe ottenere risultati innovatori, da un doppio punto di vista. Innanzitutto, il metodo prosopografico e la progettazione della prima banca dati sugli officiali angioini permetteranno di superare i limiti documentari della storia del Regno di Napoli. In secondo luogo, l'individuazione di elementi biografici e di percorsi amministrativi di individui provenienti da aree geografiche, culturali e sociali diverse, contribuirà a rivalutare l'apporto del Mezzogiorno alle reti relazionali instaurate tra paesi soggetti alla dominazione angioina, e alla formazione di una comune cultura europea di governo.

Quanto all'Angiò e le sue regioni confinanti, la storiografia rimane chiaramente indietro e tributaria di ricerche passate. Nell’Ottocento legali, eruditi locali, archivisti (Ch. Beautemps-Baupré 1899, L. Gontard de Launay, d'Espinay, Lecoy de la Marche 1897, Port...) hanno condotto ricerche (dizionari, articoli, sintesi, raccolte di atti...) che permettono d'intravedere, oltre al funzionamento di diverse istituzioni amministrative, giudiziarie, finanziarie o militari in Angiò e nel Maine, il ruolo e il posto che hanno potuto avere gli ufficiali dell'entourage dei principi angioini. Queste pubblicazioni, per quanto siano utili per il ricercatore di oggi – hanno il merito di dimostrare che ci sono archivi e fonti bibliografiche disponibili sulle quali lavorare, e fruttuosi accostamenti da avviare tra tali produzioni – comportano purtroppo una certa quantità di errori, di lacune e di limiti. Attualmente non abbiamo  nessuna lista esaustiva degli ufficiali incaricati in Angiò e nel Maine, ed esistono confusioni tra individui dovute all'omonimia particolarmente presente nel Medioevo. Esistono notizie biografiche, ma sono spesso parziali (per esempio, gli individui non sono sistematicamente seguiti da quando lasciano l'Angiò e il Maine) e non permettono così come sono di ricostituire “percorsi tipo” con passaggi obbligatori da certi incarichi, missioni, luoghi. Pertanto la storiografia recente attesta dell'interesse che questo soggetto continua a suscitare presso la comunità storica (M. Le Mené, J.-M. Matz, F. Comte, I. Mathieu...) ma, ad oggi, si può solo rammaricarsi dell'assenza di una corretta sintesi generale. Ognuno incontra i suddetti ufficiali nei propri studi, rileva errori e approssimazioni del passato, compila accuratamente informazioni che li riguardano, ma i dati rimangono sparsi in varie pubblicazioni.

 

La cappella del castello di Tarascon, foto di Thierry Pécout

 

Infine, le regioni d'Europa centrale e balcanica sono interessate dalla dominazione angioina in modo discontinuo, tra la fine del XIII e gli ultimi decenni del XIV secolo. Gli ufficiali angioini d'Ungheria sono relativamente ben conosciuti. Dopo qualche studio parziale condotto nel XIX e XX secolo, Pál Engel ha avuto il merito di fornirne una basa dati quasi completa. In diverse pubblicazioni ha analizzato la struttura della Corte Reale, le carriere dei membri dell’élite laica ungherese. Ha scoperto un'istituzione di governo sconosciuta dai rei della dinastia angioina, che presenta analogie vicine al feudalesimo. Secondo la sua argomentazione, il re affidava ai suoi baroni non solo la dignità, ma anche una grande proprietà (una o più fortezze, con dominio rispettivo). Infine, Engel ha pubblicato la sua grande opera, “l'archontologia” laica di Ungheria, 1301-1457. Dalla sua morte (2001), le possibilità di ricerca sulla storia del regno angioino sono migliorate sensibilmente: l'archivistica è totalmente accessibile online. In più, la pubblicazione dei Documenta res Hungaricas tempore regnum Andegavensium illustrantia è in corso (dal 1990, 25 volumi pubblicati). Questi cambiamenti positivi consentiranno al nostro progetto di assicurare correzioni e aggiunte alla banca dati di Engel, nonché la sua risistemazione e la sua integrazione in un insieme più ampio. Per ciò che riguarda il Principato di Morea, se l'ipotesi di Isabelle Ortega (Università di Nîmes) è riuscita a chiarire parzialmente la presenza d'ufficiali angioini tra la nobiltà moreota, il suo studio non aveva come oggetto questo gruppo sociale. Conviene quindi approfondire tale aspetto e ricollocare questo principato nel cuore del vasto insieme territoriale angioino. La tesi in corso di Audrey Rapatout sull'Albania (La présence angevine dans l'Albanie médiévale, XIII-XIV siècle, sotto la direzione di M. Balard, Université Paris I) o ancora quella di Brendan Osswald sull'Epiro (L'Épire du XIII au XV siècle: autonomie et hétérogénéité d'une région balkanique, Université de Toulouse II), dimostrano il recente sviluppo delle ricerche per il sud-est dell'Europa angioina. Oltre alla presenza di E. Csukovits per l'Ungheria, l'integrazione di Ortega e Rapatout nel'ambito del progetto conferiscono a quest'ultimo un perimetro particolarmente innovatore in quanto queste regioni sono state trascurate per molto tempo dalla storiografia.

 

Si troverà nel seguente testo uno stato della questione sulla prima generazione di ricerche universitarie angioine, tra gli anni 1880 e 1930: G. M. Monti, “Les Angevins de Naples dans les études du dernier demi-siècle”, in Revue des questions historiques, 1934, 1, pp. 419-456.

 

Bibliografia Europa angioina

Strumenti per la ricerca bibliografica


Abbreviazioni in uso sul portale degli studi angioini


Strumenti per la ricerca: tesi universitarie


Convegni angioini

 


Edizioni di fonti, regesti

 


Sovrani angioini

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Tesi universitarie inedite

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  • Mattéoni O., « L’apport de la prosopographie à la connaissance des carrières des officiers de la chambre des comptes de Moulins (vers 1450-vers 1530) L’État moderne et les élites. XIIIe-XVIIIe s. Apports et limites de la méthode prosopographique. Actes du colloque international, Genet J.-Ph., Günther L. (dir), Paris, 1996, p. 123-138.
  • Mattéoni O., « Vérifier, corriger, juger. Les Chambres des comptes et le contrôle des officiers en France à la fin du Moyen Âge », Revue Historique, 641, 2007, p. 31-69.
  • Mattéoni O., « Écriture et pouvoir princier : la chancellerie du duc Louis II de Bourbon (1356-1410) », Castelnuovo G., Mattéoni O. (dir), " De part et d'autre des Alpes". II. Chancelleries et chanceliers des princes à la fin du Moyen Âge, Chambéry, 2011, p. 131-171.
  • Morsel J., L'aristocratie médiévale, Paris, A. Colin, 2004.
  • Péquignot S., Au nom du roi. Pratique diplomatique et pouvoir durant le règne de Jacques II d’Aragon (1291-1327), Madrid, 2009.
  • Richard J., « La Chancellerie des ducs de Bourgogne de la fin du XIIe au début du XVe siècle », Landesherrliche Kanzleien im Spätmittelalter. Referate zum VI. Internationalen Kongress für Diplomatik (München, 1983), Munich, 1984 (Münchenel Beiträge zur Mediävistik und Renaissance-Forschung, 35), p. 379-413.
  • Rigaudière A. « Destitution d’offices et reconstitution de carrières au milieu du XIVe s., Nonagesimo anno » Mélanges offerts à Jean Gaudemet, Paris, PUF, 1999, p. 837-873.
  • Silvestri A., « La Real cancelleria siciliana nel tardo medioevo e l’inquisitio di Giovan Luca Barberi (secoli XIV-XVI) », Reti Medievali. Rivista, 17-2 (2016).
  • Zorzi A., « I rettori di Firenze. Reclutamento, flussi, scambi (1193-1313) », I podestà dell’Italia comunale. Parte I. Reclutamento e circolazione degli ufficiali forestieri (fine XIII sec.-metà XIV sec.), Rome, 2000, p. 453-594.

 

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Presentazione Contee di Provenza

          Contee di Provenza e Forcalquier

 

Château de Tarascon
Castello di Tarascona, foto Thierry Pécout

Le contee di Provenza e di Forcalquier sono terre d'impero. È solo dal XII secolo che l’appellativo  Provenza comincia a riferirsi a una realtà politica precisa,

indicando prima la contea appartenente alla casa comitale di Barcellona nel 1113. Tra il 1125 e il 1190, i suoi confini sono definiti da una serie di convenzioni col Conte di Tolosa, possidente nella bassa valle del Rodano, e con quello di Forcalquier, il quale sviluppa la sua autorità allo stesso tempo sulla riva destra della Druenza. Nel 1162, le sue relazioni con l'Impero sono formali: i Conti di Provenza, appartenenti al Regno di Borgogna o d'Arles, devono rendere omaggio all'Imperatore. Dal XIII secolo, i confini territoriali della contea di Provenza sono ben riconosciuti dai contemporanei: “Il termine di Provenza si estende dal Rodano e di Tarascona fino a Turbia nel senso della lunghezza, e in larghezza dalla Druenza fino al mare” sottolinea una sentenza del 1230. L'ultimo Conte di Provenza proveniente dalla Casa di Barcellona, Raimondo Berengario V (1216-1245), è anche il primo ad avere il titolo di Conte di Forcalquier, per eredità materna. Le due contee di Provenza e Forcalquier oramai riunite in una stessa mano, e nonostante un intervallo che avrà dato alla Contessa Vedova Beatrice di Savoia il governo della Contea di Forcalquier dal 1248 al 1256, sono quindi assegnati alla prima Casa d'Angiò succedendo alla Casa di Barcellona a partire dal 1246 nella persona di Carlo, fratello di Luigi IX di Francia. La prima Casa d'Angiò regna fino al 1382, con Carlo d'Angiò (1246-1285), Carlo II (1285-1309), Roberto (1309-1343), e Giovanna I (1343-1382), e unisce al titolo di Conte una corona, quando Carlo d'Angiò si trova investito dal Papa del Regno di Sicilia dal 1265. Cede il campo a una seconda stirpe angioina dalla famiglia Valois, con Luigi d'Angiò (1382-1384) e i suoi successori, Luigi II (1384-1417), Luigi III (1417-1434), Renato (1434-1480) e Carlo III (1480-1481). Dopo di esso le due contee di Provenza s'integrano alla Corona di Francia.

 

Jean-Luc Bonnaud, Thierry Pécout

Mappa Contee di Provenza

Mappe:

  • I domini reale 1330
  • Le circoscrizioni amministrative della Provenza verso il 1400
  • Nuove terre di Provenza 1388

Mappe elaborate a partire da: É. Baratier, G. Duby, E. Hildesheim (dir.), Atlas historique : Provence comtat Venaissin, Principauté d'Orange, Comté de Nice, Paris 1969


I domini reale 1330

Le circoscrizioni amministrative della Provenza verso il 1400

Nuove terre di Provenza 1388

Bibliografia Contee di Provenza

La digitalizzazione e l'editorializzazione di alcuni testi e della rivista Provence historique accessibili on-line qui in basso è stata effettuata grazie a un partenariato con la Médiathèque de la Maison méditerranéenne des sciences de l’Homme.

Si trova nella seguente pubblicazione una bibliografia molto esaustiva per gli studi anteriori al 1970:

Bautier R.-H., Sornay J., Les sources de l'histoire économique et sociale du Moyen Âge, I, Provence, Comtat Venaissin, Dauphiné, États de la maison de Savoie, 1, Archives des principautés territoriales et archives seigneuriales, Paris, 1968, p. LX-LXXXIII.

 

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Presentazione Angiò e Maine

                    Angiò e Maine

L’Angiò e il Maine sono due province dell’Ovest del Regno di Francia, alle porte della Bretagna. L’Angiò è diventato progressivamente un principato autonomo tra il IX e l'inizio del X secolo, quando Foulques le Roux si è proclamato conte. Da lì, discende la dinastia diventata quella dei Plantageneti, che controllano anche il Maine – senza contare la Normandia et l’Aquitania – e regnano sull'Inghilterra a partire dal 1154. Gli scontri tra il re di Francia e i Plantageneti sono stati particolarmente intensi alla fine del XII e all'inizio del XIII secolo. Nel 1202, il re Filippo Augusto confisca a Giovanni Senzaterra le contee d’Angiò e del Maine, tra tutti i suoi feudi continentali, e le unisce alla corona di Francia, anche se bisogna aspettare la battaglia decisiva di La Roche-aux-Moines, nei pressi di Angers, il 2 luglio 1214, per vedere tali territori collegati effettivamente al dominio reale francese.

Castello di Angers, foto di Bruno Rousseau Conservation Départementale
du Patrimoine de Maine-et-Loire

L’Angiò e il Maine furono in seguito ceduti più volte in appannaggio. Le disposizioni testamentarie del re di Francia Luigi VIII († 1226) prevedono che siano date, sopraggiunta la morte, a suo figlio Giovanni, ma quest'ultimo muore prematuramente. A differenza di suo padre, Luigi IX (1226-1270) ha affidato da vivo le due province nel maggio del 1246 a suo fratello Carlo (1232-1285). Alcuni mesi prima, Carlo I diventa conte di Provenza e Forcalquier grazie alle nozze con Beatrice, figlia di Raimondo Berengario V, erede delle due contee situate in terre d'Impero. Vent'anni dopo, su richiesta del papato, Carlo si rivolge verso l’Italia e conquista il Regno di Sicilia. È il fondatore della prima casa  in appannaggio d’Angiò-Provenza. Ma dal regno di suo figlio Carlo II (1285-1309), le due Contee  d’Angiò e Maine escono dai possessi di tale casa. Nel 1290, il re di Sicilia dà come dote l’Angiò e il Maine a sua figlia Margherita per suo matrimonio con Carlo di Valois, fratello del re di Francia Filippo IV il Bello.

Filippo VI di Valois, loro figlio, unisce l’Angiò e il Maine alla corona al momento dell’ascesa al trono di Francia nel 1328, ma Giovanni II il Buono (1350-1364) li separa nuovamente nel 1356 per affidarle in appannaggio al suo secondo figlio Luigi, prima di elevare l’Angiò a ducato nel 1360. In seguito alla sua adozione dalla regina Giovanna I di Napoli nel 1380, Luigi I eredita le contee di Provenza, Forcalquier e del Regno di Sicilia, nel quale egli cerca invano – come i suoi successori – di imporsi. È il fondatore della seconda casa d’Angiò-Provenza in appannaggio. La dinastia angioina termina con Renato d’Angiò che muore a luglio del 1480 senza avere eredi maschi, ciò che ha per effetto di riportare definitivamente l’appannaggio angioino al reame. Nel XV secolo, il Maine ha avuto un destino un po’ diverso. Nel 1437, questa contea è data a Carlo, fratello minore di Renato d’Angiò, che la guida sino alla sua scomparsa nel 1472. Suo figlio Carlo del Maine gli succede, prima di morire senza posteri nel 1481, data in cui promuove suo cugino Luigi XI erede del Maine – e della Provenza trasmessagli da Renato.

Si notano gli stretti legami avendo unito l’Angiò e il Maine alla corona di Francia sotto le due case in appannaggio. Queste relazioni motivano delle scelte in termini di organizzazione istituzionale, essendo strettamente ispirate dagli organi di governo della monarchia francese, ma anche per quanto riguarda il reclutamento del personale al servizio dello Stato principesco, che riposa su uomini che spesso sono servitori dei re di Francia.

 

Isabelle Mathieu

 

Mappa Angiò e Maine
Bibliografia Angiò e Maine

Contea poi Ducato d’Angiò, contea del Maine

  • Anjou, Medieval Art, Architecture and Archaeology, The British Archaeological Association, Conference transaction XXVI, 258 p.
  • Beautemps-Beaupré Ch.-J., « Les juges ordinaires de l’Anjou et du Maine, 1371-1508 », Mémoire de la Société nationale, d’agriculture, sciences et arts d’Angers, 3e série, t. 27, 1885, p. 276-323.
  • Beautemps-Beaupré Ch.-J., Coutumes et institutions de l’Anjou et du Maine antérieures au XVIe siècle. I. Coutumes et styles, 4 vol., Paris, 1877-1883 ; II. Recherches sur les juridictions de l’Anjou et du Maine pendant la période féodale, 4 vol., Paris, 1890-1897.
  • Beautemps-Beaupré Ch.-J., Notice sur les baillis d’Anjou et du Maine à la fin du XIIIe siècle et sur leurs conflits avec l’évêque d’Angers, Orléans, 1885 (24 p.).
  • Bellanger A., Héraldique de l'Anjou médiéval aux XIIIe-XIVe siècles : présentation générale et inventaire, Angers, 2004 (Thèse de doctorat d'histoire, université d'Angers).
  • Bidet L., La famille de Beauvau à la fin du Moyen Âge (v. 1380-v. 1510), mémoire de Maîtrise, Université d’Angers, 1994, résumé dans « La noblesse et les princes d’Anjou : la famille de Beauvau », Coulet N. et Matz J.-M. (dir.), La noblesse dans les territoires angevins à la fin du Moyen Âge. Actes du colloque international d’Angers-Saumur (1998), Rome, École française de Rome, 2000, p. 471-497.
  • Blomme Y., Anjou gothique, Picard, Paris, 1998, 360 p.
  • Bourderious M., « Le testament de Jean Bernard, chancelier d’Anjou, archevêque de Tours », Bulletin de la Société archéologique de Touraine, 31, 1951, p. 233-256.
  • Bouton A., Le Maine. Histoire économique et sociale, t. 1 : Des origines au XIVe siècle ; t. 2 : XIVe, XVe, XVIe siècles, Le Mans, 1962, 2 vol.
  • Carré de Busserolle J., Dictionnaire géographique, historique et biographique d’Indre-et-Loire et de l’ancienne province de Touraine, Tours, 1878-1894, 3 vol.
  • Carre G., « Résidences en pierre de la petite et moyenne aristocratie en Anjou-Touraine (XIIe-XIVe siècle) », Vivre dans le donjon au Moyen Âge, Actes du colloque de Vendôme, 12 et 13 mai 2001, Éditions du Cherche-Lune, Vendôme, p. 109-133.
  • Carré G., Litoux E., « La salle dans les manoirs angevins du XIIe à la fin du XVe siècle : permanences et changements », Meirion Jones (dir.), La Demeure Seigneuriale du Monde Plantagenêt, XIe-XVIe siècles : Salles, Chambres et Tours, Rennes, Presses Universitaires de Rennes, 2013, p. 327-343.
  • Cauneau J.-M., Philippe D., « Avatars d'une effigie princière. Les portraits de Louis Ier d'Anjou (XIVe-XIXe siècles) », Archives d'Anjou, 9 (2005), p. 5-25.
  • Chaigne-Legouy M, « Comptes féminins, contes du quotidien ? Les activités des duchesses de la seconde Maison d’Anjou à la lumière de leurs finances », Les activités quotidiennes. Questes, bulletin des jeunes chercheurs médiévistes, C. Le Cornec, I. Fabry (dir.), 15, 2008, p. 64-81.
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  • Chaigne-Legouy M., « La seconde Maison d’Anjou et le culte aux saintes Maries et Marthe : essai d’interprétation culturelle et politique des pratiques dévotionnelles princières », Sénéfiance, 59, 2013, Les arts et les lettres en Provence au temps du roi René, C. Connochie-Bourgne, V. Gontero-Lauze (dir.), p. 107-122.
  • Chaigne-Legouy M., « Pays de par deçà, pays de par delà. Les relations entre Angevins et Napolitains sous le regard de Jean le Fèvre, chancelier de la seconde Maison d’Anjou (1380-1388) », Construction et circulation des idées et des pratiques politiques. France-Italie (XIIIe-XVIe siècles), I. Taddei et A. Lemonde (dir.), Rome (Collection de l’EFR, 478), 2013, p. 148-186.
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  • Comte F., « L’enceinte gallo-romaine d’Angers devenue clôture canoniale : transformations, adaptations et déclassement d’une fortification (XIIIe-XVIe siècles) », In Situ, 16, 2011 ; DOI : 10. 4000/insitu.169
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  • Congrès Archéologique de France. CXXIIe session : Anjou, Société Française d’Archéologie, Paris, 1964; 691 p.
  • Coville A., La vie intellectuelle dans les domaines d’Anjou-Provence de 1380 à 1435, Paris, 1941.
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  • Denéchère Y., Matz J.-M. (dir.), Histoire de l’université d’Angers, du Moyen Âge à nos jours, Rennes, 2012.
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  • Dugal L.-Ph., « La création de l’université d’Angers et le pouvoir royal (fin XIVe-début XVe siècle) », Memini. Travaux et documents : Société des études médiévales du Québec, 5, 2001, p. 79-99.
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  • Duris A.-S., Les étudiants en droit de l’université d’Angers à la fin du Moyen Âge (v. 1360-v. 1494), Mémoire de DEA d’histoire, Université d’Angers, 2001 (dactylographié), résumé dans « Profil sociologique des étudiants en droit de l’université d’Angers en 1378 », Annales de Bretagne et des pays de l’Ouest, 112, 2005, p. 65-84.
  • Espinay G. d’, « La sénéchaussée d’Anjou », Mémoires de la Société nationale d’agriculture, sciences et arts d’Angers, 4e série, t. 6, 1892, p. 33-118.
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  • Espinay G. d’, Les Cartulaires angevins. Étude sur le droit de l’Anjou au Moyen Âge, Angers, 1864.
  • Farcy L. de, Monographie de la cathédrale d’Angers, Angers, 1910-1926.
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  • Gontard de Launay L., Les avocats d’Angers, 1250-1789, Angers, 1888.
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  • Guéry A., « L’Anjou à travers les âges », Siraudeau, Angers, 1947, 350 p.
  • Hunot J.-Y., Litoux E., Prigent D., « Un chantier de construction du XVe siècle : le château de Montsoreau (Maine-et-Loire). La progression des travaux à partir de l'étude des maçonneries », F. Blary, J.-P. Gély, J. Lorenz (dir.), Pierres du patrimoine européen. Économie de la pierre de l'Antiquité à la fin des temps modernes, Actes du colloque international tenu du 18 au 21 octobre 2005 à Château-Thierry, éditions du CTHS, Paris, 2008, p. 195-206.
  • Juhel É., Le Culte des saints à la Baumette à la fin du Moyen Âge. Angers : Société des Études Angevines, 2011, 215 p.
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  • Le Mené M., Villes et campagnes de l’Ouest au Moyen Âge, Nantes, Ouest-Éditions, 2001, 329 p.
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  • Lens L. de, L’université d’Angers du XVe siècle à la Révolution française, t. 1 : La faculté des droits, Angers, 1880 (recueil d’articles).
  • Letellier D., Biguet O., « Angers. Une charpente du XIIIe siècle, ornée d’un décor peint héraldique, l’aile de paléontologie du Museum, place Louis Imbach », Bulletin monumental, 2009, t. 167-IV, p. 363-368.
  • Letellier D., Biguet O., « Le logis Barrault à Angers, résidence d’un riche financier sous Charles VIII », Archives d’Anjou 8, spécial Musée, 2004, p. 231-267.
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Presentazione Italia comunale

                                

                             Italia comunale

 

L’Italia comunale presenta una tradizione politica composita: si tratta infatti del territorio originariamente coincidente con il Regnum Italiae, entrato, sin dall’età ottoniana, nell’orbita dell’Impero germanico. All’interno di tale area sin dalla fine dell’XI secolo si svilupparono autonomi poteri urbani, che eleggevano propri magistrati ed esercitavano in forma autonoma le regalie. I tentativi degli Hohenstaufen, da Federico I a Federico II, non riuscirono a restaurare le prerogative imperiali sui comuni, i quali proprio tra la fine del XII secolo e la prima metà del XIII affermarono nella maniera più decisa, anche sul piano ideologico, la loro sovranità. All’interno di un quadro così frammentato, la presenza angioina in area cisalpina risale già al 1259, quando Carlo I, ancora conte di Provenza, ottenne la sottomissione di Cuneo e, nel giro di pochi anni, dei comuni limitrofi (Alba, Cherasco, Savigliano e Mondovì): è stato possibile identificare in tale espansione l’affermazione degli interessi comitali per il controllo degli itinerari commerciali che univano Provenza e Italia settentrionale, in special modo per quanto riguarda il monopolio del sale. Una più massiccia espansione angioina nel mondo dei comuni avvenne soltanto in concomitanza con la spedizione di conquista del Regno di Sicilia, a partire dal 1265-1266, con la sottomissione di diversi centri toscani fino al 1279-1280 (Firenze, Prato, Pistoia, Lucca, Siena, San Gimignano e altri), l’acquisizione del controllo di Roma e l’esercizio di una influenza su più aree dei territori pontifici. Infine, tra il 1279-1281, la dedizione di numerose città piemontesi e lombarde (Brescia, Alessandria, Piacenza, Cremona, Torino, Ivrea, Chieri, Casale Monferrato) ingrandì ulteriormente le conquiste di Carlo I.

San Gimignano, Museo civico, Sala di Dante, mur est, Azzo di Masetto (attr.), 
Atto di fedeltà del comune di San Gimignano a un re angioino,
fresque (dét.), ca. 1290,  cl. Pierluigi Terenzi

Il dominio angioino sul mondo dei comuni, si eclissò nell’ultimo quarto del Duecento, per poi riprendere con nuovo vigore nel corso del Trecento, quando, soprattutto sotto Roberto, nuove città entrarono all’interno della galassia franco-napoletana: Genova, Asti, Pavia, Vercelli, Parma, Ferrara. Il re esercitò anche una signoria intermittente su alcune città toscane (Firenze, Lucca, Pistoia, Prato), attribuita anche a suo figlio Carlo duca di Calabria nel 1326-1328 (Firenze, Siena, Prato San Miniato, Colle Valdelsa). Roberto fu anche nominato senatore di Roma e conte di Romagna dal papa. La signoria di Roberto diede vita più a una lega di città, che si sovrapponeva alla lega guelfa, che a una vera e propria dominazione territoriale. Non mancarono tuttavia impulsi all’uniformazione e alla creazione di un’omogenea architettura di governo.

Nel complesso, per comodità possiamo individuare quattro macro-aree, che corrispondono alla creazione di differenti strutture di governo del territorio da parte degli Angiò.

  1. innanzitutto, l’area piemontese e lombarda, governata da un apposito siniscalco: le intitolazioni sono variabili, ma ricorrono quelle di senescallus in partibus Lombardie sotto Carlo I e di senescallus comitatus Pedemontis et in partibus Lombardie per Carlo II e Roberto. I limiti di quest’area sono ovviamente variabili e del resto non diedero mai origine a un dominio compatto: ad ogni modo, l’area era grosso modo inclusa tra le Alpi a ovest, Brescia a est e le città emiliane (Piacenza, Parma e Modena) a sud.
  2. Genova era retta da un capitano, che non rispondeva al siniscalco di Lombardia. La città fu angioina tra il 1319 e il 1335.
  3. In Tuscia Carlo I istituì un generalis vicarius, con poteri giudiziari, militari e di raccolta dei contributi delle città per l’esercito guelfo (taglia). Tuttavia anche in questa regione il dominio non fu compatto, essendone esclusi i centri che non si sottomisero o che lo fecero per breve tempo (come Pisa). Con Roberto il coordinamento centrale della Tuscia venne meno, esercitando il re solo un insieme di signorie cittadine; d’altro canto egli fu capitano della lega guelfa, riconosciuto anche dalle città che non gli si sottomisero.
  4. I territori pontifici non ebbero mai un ufficiale angioino centrale. Carlo I e Roberto furono senatori di Roma e nominarono vicari nell’Urbe, mentre furono più limitate le loro facoltà di nomina dei rettori delle province di Campagna e Marittima, Patrimonio di San Pietro, ducato di Spoleto e marca di Ancona. Faceva eccezione la Romagna, controllata da Roberto dal 1310. Inoltre, fra il 1404 e il 1414 gli angioini tornarono a controllare sporadicamente alcune aree dei territori della Chiesa, con l’espansione militare messa in atto da Ladislao.

Sul piano del governo locale delle città, occorre precisare che la nomina degli ufficiali era spesso oggetto di contrattazione con le comunità. Potevano essere previste rose di candidati, proposte dalle città o dal sovrano, all’interno delle quali effettuare la scelta. Solo in poche città, gli Angioini, attraverso il re o i suoi grandi ufficiali preposti al governo della regione di riferimento, nominavano direttamente vicari e podestà. Numerosi ufficiali urbani rimanevano inoltre al di fuori delle prerogative di nomina degli Angiò.

Nel database Europange l’Italia comunale è rappresentata da quattro spazi politici, corrispondenti alle aree suddette: Piemonte e Lombardia, Genova, Tuscia, Italia pontificia. Sono stati censiti gli ufficiali cittadini di sicura nomina o conferma da parte regia o dei grandi ufficiali: in primo luogo vicari e podestà e loro giudici e notai, ma anche altri. Sono stati esclusi tutti gli ufficiali la cui nomina da parte angioina non è provata né deducibile. Le fonti non consentono sempre di stabilire con assoluta certezza se un ufficiale fosse “angioino” strictu sensu, pertanto si è talora attuata una scelta discrezionale in base a una valutazione delle informazioni disponibili sulla città, sulla carica o sull’ufficiale stesso.

 

Riccardo Rao – Pierluigi Terenzi

Mappa Italia comunale
Bibliografia Italia comunale

Italia pontificia

 

Italia comunale

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Presentazione Regno di Sicilia

                    Il regno di Sicilia

Il regno di Sicilia fu fondato dai Normanni nel 1130. Includendo il Mezzogiorno, si estendeva dall'isola di Sicilia fino alla Campania e all'Abruzzo. Confinante con il dominium della Chiesa romana di cui era feudo, fu ereditato dagli Hohenstaufen. Di conseguenza, dopo la morte di Federico II (1250), il papato mirò alla separazione della corona imperiale dal titolo di re di Sicilia. Decise di sostituire gli Angioini alla dinastia Sveva. Dieci anni dopo i primi approcci, fu scelto Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX e conte di Provenza grazie alle nozze con Beatrice. Eletto senatore dai Romani nell’agosto del 1263, Carlo fu incoronato re di Sicilia il 6 gennaio del 1266. Scese verso il regno con cavalieri provenzali e francesi. Sconfisse gli Svevi in due battaglie: il 26 febbraio del 1266 a Benevento, e il 23 agosto del 1268 a Tagliacozzo.

Napoli, Santa Chiara, foto di Th. Pécout

La storia del regno angioino di Sicilia si può dividere in due periodi: quello dei primi sovrani con Carlo I, Carlo II, Roberto e Giovanna I (1266-1382), poi quello degli Angiò-Durazzo (1382-1435) con Carlo III, Ladislao e infine Giovanna II. Alla morte di quest'ultima, l’eredità fu oggetto di discussione  tra gli Angiò-Valois e gli Aragonesi. Aveva successivamente designato per la sua successione Alfonso V d’Aragona (1421) e Luigi III d’Angiò-Valois (1423), il cui fratello Renato riprese i diritti (1434). Nel 1442, Alfonso V entrava a Napoli. Prevaleva definitivamente su Renato.

Sotto Carlo I, il Regno diventa il centro di una rete familiare, che finì per costituire un vasto insieme territoriale. Tre elementi hanno favorito l’espansione della dominazione angioina sull’Occidente e sull’Oriente: la politica matrimoniale, le strategie diplomatiche e la potenza militare. Il re decideva i matrimoni dei propri figli: il suo erede, futuro Carlo II con Maria di Ungheria ; Isabella con Ladislao figlio di Bela IV di Ungheria; Filippo con Isabella di Villehardouin, erede del principato d’Acaia. I suoi ufficiali stabilirono accordi e patti di sottomissione con città dell'Italia del Nord e del Centro. Il re mandò sul posto i suoi rappresentanti in qualità di vicari e di podestà. Numerose campagne militari condussero Carlo I fino alla conquista dell’Albania e alla crociata di Tunisi. Indossò perfino la corona di re di Gerusalemme, occupando Acre.

I territori di Carlo, e in particolare il Regno, entrarono in una terribile guerra con i Vespri siciliani, cioè la rivolta iniziata a Palermo il 30 marzo del 1382. Seguì un'implacabile guerra contro i Siciliani insulari e Pietro d’Aragona venuto in loro soccorso. La scelta di Napoli come capitale, a detrimento di Palermo, le ambizioni di Pietro d’Aragona e dei mercanti catalani sul Mediterraneo, le difficoltà a sorvegliare gli ufficiali furono conseguenze particolarmente ovvie di uno degli eventi tra i più tragici della storia del Regno di Sicilia.

Carlo d’Angiò morì a Foggia il 7 gennaio del 1285. Lasciò il Regno minacciato da potenti nemici che arrivavano alle porte di Salerno. Fu solo quattro anni dopo che suo figlio Carlo II, per molto tenuto prigioniero dagli Aragonesi, fu incoronato  re di Sicilia dal papa (29 maggio del 1289). Tra il 1285 e il 1289, il Regno fu amministrato da Roberto d’Artois e dal Legato della Chiesa romana, Gerardo di Parma. Il papato fu anche uno degli incitatori di pace con la Sicilia insulare, la quale venne stimolata il 31 agosto del 1302 a Caltabellotta. Nonostante questo accordo, la guerra proseguì quasi fino alla fine del secolo. La regina Giovanna I rinunciò definitivamente all’isola solo nel 1378.

Quanto all’organizzazione del Regno sotto i primi sovrani angioini, vale ricordare questi alcuni punti: la scelta di Napoli come capitale ; l’installazione di una feudalità provenzale; il rispetto delle strutture amministrative Sveve eppure con l’introduzione di pratiche di governo provenienti dai Capetingi; le relazioni con i mercanti stranieri e le oligarchie delle più potenti città dell’Italia del Nord e della Toscana; la crescita di una funzione pubblica del Regno formata dallo Studium napoletano.

Tutti questi fattori si ritrovavano con i successori di Carlo I. Inoltre per qualche decennio, la corte di Napoli si affermò come uno dei centri artistici e letterari più attivi dell’Occidente. La capitale crebbe sul piano demografico e politico. Il suo porto, rinnovato, diventò uno scalo privilegiato sulle rotte del Mediterraneo. Di conseguenza, ci fu anche un vigoroso sviluppo sociale e culturale che produsse ufficiali e gruppi di giuristi che si dedicarono alla riflessione sulle Constitutions del Regno. Tali gruppi furono impiegati in tutti i territori angioini. Carlo II e soprattutto Roberto, servirono come braccio armato al papato, proseguendo la costruzione di un'Italia guelfa contro le ambizioni dei Ghibellini e degli imperatori Enrico VII e Luigi di Baviera.

Navata di Santa Chiara, Napoli, foto di A. Santoro

Con Giovanna I, nonostante le pretese di continuità, una nuova fase si aprì nella storia del Sud d'Italia. Dopo l'assassinio, nel 1345, di Andrea di Ungheria, sposo della regina, il Regno sopportò l’invasione dei Ungheresi. Esso fu devastato dalla guerra civile tra i due rami della famiglia che rappresentavano gli Angiò e gli Angiò-Durazzo. I protagonisti di questo periodo furono in particolare, il patriziato della città di Napoli, la feudalità regnicole, come i Sanseverino e i Marzano, e i grandi capitani delle compagnie di ventura.

Nonostante le difficoltà finanziarie e militari, la regina rimase in stretto contatto con la città di Marsiglia e la Provenza. Vi mandò numerosi legali e ufficiali napoletani e del Regno. Al fine di  consolidare la sua autorità, ella adottò Luigi I d’Angiò-Valois, fratello del re di Francia Carlo V, in qualità di figlio e di successore. Tra il 1381 e il 1382, Giovanna fu sconfitta, imprigionata e assassinata da suo cugino Carlo di Durazzo, figlio di Luigi di Durazzo, terzo duca del casato. Fu incoronato re di Sicilia, come Carlo III, da papa romano Urbano VI, ma morì poco tempo dopo, nel 1386, a Buda. Vi era andato per rivendicare il trono di Ungheria. Sua moglie, Margherita, tutrice e reggente di loro figlio Ladislao che aveva dieci anni, governò con la più grande determinazione. Lottò contro il figlio di Luigi I d’Angiò-Valois, Luigi II, che pretendeva la corona del Regno di Sicilia. Gli Angiò-Valois e gli Angiò-Durazzo litigarono per il potere fino all'intervento del papa Bonifacio IX. Quest'ultimo favorì l’iniziativa di Ladislao e gli diede la corona di Sicilia. Nel 1403, Ladislao fu anche incoronato re di Ungheria. Durante il suo regno in sud d'Italia, provò a ridurre la potenza della feudalità. In questa prospettiva, sposò Maria d’Enghien, vedova di Raimondello Orsini, principe di Taranto, per attirarlo a Napoli. Ma la nuova regina fu imprigionata con suoi figli. Così i Sanseverino furono puniti duramente.

L'inizio del nuovo secolo vide nuovamente l'Italia del Sud nel cuore della scacchiera geopolitica dell'Occidente medioevale. Tuttavia, le prospettive cambiavano. Ladislao prevedeva di creare un regno d'Italia e di estendere il suo potere sulle terre confinanti al papato. Egli si legò a Roma e Perugia, e riuscì ad allargare la sua dominazione sino a Talamone, sul mare tirreno. Il papa che lo scomunicò, la lega delle città italiane e il ritorno di Luigi II d’Angiò-Valois, fermarono Ladislao per qualche tempo. Ma egli riprese i suoi progetti dopo la rinuncia di Luigi II alle sue ambizioni sul Mezzogiorno.  Si preparava ad attaccare Firenze, quando si ammalò e fu costretto a tornare a Napoli, dove morì il 6 agosto del 1414 nel Castel dell'Ovo. Sua sorella Giovanna II gli successe.

Conservò la corona nonostante le alee del regno. La sua scomparsa nel 1435 segnò dunque quella dei primi Capetingi di Sicilia per estinzione naturale. Come spiegare meglio che questa famiglia, dapprima straniera, si era profondamente radicata nel Mezzogiorno?

Serena Morelli

 

Carta Regno di Sicilia

Il regno di Sicilia : Mario Cartaro, Nicolò Antonio Stigliola, Il Regno di Napoli (1613), Biblioteca Nazionale di Napoli, Ms. XII D 100. cl. A. Santoro.

Regno di Sicilia

Bibliografia Regno di Sicilia

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Presentazione regno di Gerusalemme

Armoiries Anjou_Sicile_Jérusalem                    Il regno di Gerusalemme (1277-1284)

Acre, la vieille ville depuis l'enceinte
Acre, la vieille ville depuis l'enceinte
cl. D. Carraz

Dopo la caduta di Gerusalemme nel 1244, la capitale del regno fu spostata a S. Giovanni d’Acri. Il dominio latino svanì di fronte all'assalto del sultano mamelucco d'Egitto, Al-Malik az-Zâhir Rukn ad-Dîn Baybars al-Bunduqdari (1260-1277), che avanzò nel 1263 in Galilea (presa di Nazaret, del monte Tabor e senza dubbio di Belvoir), s’impadronì poi di Cesarea (5 marzo 1265), Haifa (1266), Safed (25 luglio 1266), Toron (1266), Jaffa (7 marzo 1268), Antiochia (18 maggio 1268) e del Krak dei Cavalieri (8 febbraio 1271). Al-Mansûr Sayf ad-Dîn Qala’ûn al-Alfî (1279-1290) prese Marqab il 25 maggio 1285, Latakia nel 1287 e Tripoli il 28 aprile 1289. Ma il trattato del maggio 1283 conta ancora Haifa, Toron e Safed tra i possedimenti franchi. Il figlio di Baybars, Al-Achraf Salâh ad-Dîn Khalîl ben Qala'ûn (1290-1293), completò la conquista assediando Acri, che cadde il 28 maggio 1291, seguita da Tiro (giugno 1291), Saida (14 luglio 1291), Atlit e Beirut (21 luglio 1291), Tortosa e Castello di Pellegrino (3 e 14 agosto 1291), mentre rimase nelle mani dei latini fino al 1302 l'isola di Arado vicino Tortosa e Giblet (J'baïl). Dal 1291, la regalità di Gerusalemme divenne un titolo senza contenuto territoriale, trasmessa dai re e dalle regine delle due case d’Angiò fino alla fine del XV secolo.

Carlo I d'Angiò conosceva bene la Terra Santa e le sue problematiche dal tempo della crociata del 1248-1254. Inoltre, al tempo del 1270, era stata istituita una zona tributaria in Ifriqiya a spese del sultano hafside. Alla fine della crociata tunisina, Carlo d'Angiò e Roberto d'Artois, con il trattato del 30 ottobre 1270, imposero un tributo ad Abu 'Abd Allah Muhammad al-Mustansir (1249-1277). Questo contributo, che gli Angioini pongono in continuità con i Normanni e gli Svevi, fu effettivamente riscosso negli anni che seguirono. Nel settembre del 1272, Carlo I inviò a Tunisi Roberto il Bambino, Matteo de Riso di Messina e Niccolò de Ebdemonia di Palermo, Giovanni da Lentini e Giacomo di Tassis, priore ospedaliere di Messina, a riscuotere il pagamento. Altre missioni a scopi analoghi furono inviate nel novembre 1275 e nell'aprile 1278. Il sultano di Tunisi viene designato tributarium nostrum nobis que confederatum. Ma il re d'Aragona stringe contatti sempre più stretti con gli Hafsidi, la secessione della Sicilia nel 1282 lascia fuori gli Angioini dall’area d’influenza africana, mentre il regno di Gerusalemme crea grandi difficoltà a Carlo d’Angiò. Quando Corradino, che aveva ereditato il titolo di re di Gerusalemme da suo padre Corrado I († 1254) e da suo nonno Federico II († 1250), fu ucciso nel 1268, il titolo regale era conteso fra i suoi cugini Ugo III di Lusignano (1269-1284) e Maria († c. 1307), figlia di Boemondo IV di Antiochia. Il primo lo trasmise alla propria dinastia, che deteneva anche la corona di Cipro, mentre Maria d'Antiochia non tardò a cedere i suoi diritti a Carlo d'Angiò, il 15 gennaio 1277 (il trattato non ci è giunto). Nella primavera del 1277, Ruggero Sanseverino († 1285), conte di Marsico, salpò con una flotta da Brindisi e approdò il 7 giugno; conquistò Acri a settembre, e spodestò il balivo Baliano d'Ibelin († 1277), con il supporto dell'Ordine del Tempio e dei Veneziani, stabilitisi saldamente a Tiro. Ricevette omaggio, prese possesso del regno e lo amministrò nel nome di Carlo I d'Angiò fino al 1282, con il titolo di vicario generale del regno di Gerusalemme. Carlo I non prese il titolo e le armi del re di Gerusalemme fino all'inizio del luglio 1277.

Acre, structure du port
Acre, structure du port
cl. D. Carraz

 

Nel periodo angioino, il territorio sotto il controllo del senescallo Odo Poilechien viene ridotto a una fascia costiera centrata attorno a piazzeforti e città, ma sembra ancora molto popolata. Il trattato del 1283 menziona i grandi agglomerati e molti villaggi pertinenti: Acri e 73 villaggi; Saida e 15 villaggi; Haifa e 7 villaggi sino al Monte Carmelo; Atlit; Tiro e Toron con 99 villaggi; Safed e i suoi 160 villaggi, oltre ai domini dell'Ospedale presso Cesarea. L'amministrazione del regno conobbe una chiara evoluzione nel XIII secolo, dovuta in parte alla ritrazione del suo territorio solo ad alcune piazzeforti e alla debolezza o assenza di sovrani nel titolo. Tuttavia anche gli uffici di ciambellano o cancelliere non vennero occupati. I poteri militari, invece, furono confermati: il connestabile e il suo secondo, il maresciallo; il siniscalco, così come la funzione del balivo, autentico viceré, o la carica di visconte, per la polizia e la giustizia urbana in Acri e Squire, e del castellano. Nel 1277, Odo Poilechien, nobile nipote francese del cardinale Simon de Brie e insediato nella Terra di Otranto, fu nominato senescallo; Riccardo di Neublans, originario della Borgogna, connestabile; Jacques Vidal maresciallo; Girard le Raschas, visconte di Acri; Guillaume di Roussillon, signore di Annonay; Milone di Haifa (Miles di Caifa), capitano. Dal 1282, Carlo d'Angiò affida la difesa di San Giovanni d'Acri al senescallo Odo Poilechien.

Atlit depuis le cimetière croisé
Atlit depuis le cimetière croisé
cl. D. Carraz

 

Gli angioini contano su una baronia locale, potente e frazionata. Ad esempio, Boemondo VII per quanto rimane del principato di Antiochia e della contea di Tripoli; la signoria di Giovanni di Montfort (1270-1283), poi suo figlio Onfroy di Montfort (1283-1284) per Tiro; Beirut fu sotto il controllo di Isabella d'Ibelin (1264-1282) e di suo cognato Onfroy di Montfort (1282-1283). Gli ordini militari, Templari e Ospedalieri, conservarono diverse fortezze, rimanendo fedeli al re di Sicilia, sotto la guida dei rispettivi maestri Guglielmo di Beaujeu (1273-1291) e Nicola di Lorgne (1277-1284). I partigiani degli Angioini scelgono di perseguire la via della pace con il Sultano Qala'ûn e la neutralità nei confronti dei Mongoli, atteggiamento che porta nel maggio del 1283 al rinnovo della tregua decennale conclusasi il 22 aprile 1272 a Cesarea.

Il dominio angioino durò solo pochi anni e non proseguì oltre il regno di Carlo d'Angiò. Dopo la morte di quest'ultimo, il figlio di Ugo III, Enrico II di Lusignano (1324), conquistò Acri per via negoziale, il 29 giugno 1286, e mantenne la città fino alla sua caduta contro le truppe del sultano, nel 1291.

 

Thierry Pécout (con l’aiuto di Damien Carraz)

 


*Armoiries : Carpentras, Bibl. Inguimbertine, ms 1770, fol. 470.

Mappa regno di Gerusalemme

Bibliografia regno di Gerusalemme

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Presentazione regno di Ungheria

​                    Il regno di Ungheria

 

Castello di Diósgyőr (Miskolc, nord dell'Ungheria),
foto. Enikö Csukovits

L'Ungheria cristiana fu fondata dal primo re ungherese, Stefano I nell'anno 1000. I re provenienti dalla sua dinastia, chiamata la casa Arpadiana, hanno regnato tra il 1000 e il 1301. Il regno includeva tutto il bacino dei Carpazi, vale a dire più 300 000 km². Seguendo una formula fissata nel corso del XIII secolo, i re ungheresi si arrogavano un insieme di titoli elencando i nomi di nove paesi o provincie: « Per grazia di Dio, re di Ungheria, di Dalmazia, di Croazia, di Rascia, di Serbia, di Galizia, di Lodomiria, di Cumania e di Bulgaria ». Il regno dei re di Ungheria sulla Croazia iniziò nel 1091, e si estese dal 1102 fino al 1918; l'incoronamento del re di Ungheria legittimava ipso facto il dominio sulla Croazia. I re di Ungheria portavano il titolo di Dalmazia dal 1106, ma tale territorio si trovò alternativamente sotto dominazione ungherese o veneziana. Gli altri elementi della titolatura  rimandano solo a un breve periodo di dominazione effettiva: sono soltanto titoli presunti, attraverso i quali la Corona poteva estendersi. Dalla separazione territoriale, sono scaturite due entità di governo particolari, spesso chiamate paesi (regnum) nelle fonti, mai che non figurano mai tra i titoli dei re di Ungheria: si tratta della Transilvania a Oriente, e della Slavonia situata a sud del fiume Drava. Si nota che il territorio della Croazia medioevale e quello della Croazia attuale non corrispondono: nel Medioevo, solo i territori a sud della montagna Kapela facevano parte della Croazia, quelli situati tra la Kapela e il fiume Drava appartenevano alla Slavonia.

Il Regno di Ungheria si trovava al confine di due aree culturali diverse: la Cristianità occidentale finiva alle porte orientali e meridionali; proseguendo il viaggiatore raggiungeva le terre ortodosse o anche pagane. Fino alla metà del XIV secolo, lungo il confine tra Polonia e Ungheria si trovava il principato di Galizia. Al confine orientale, si estendeva l'Impero nomade dell'Orda d'Oro dei Tartari. Dal suo territorio, si sono staccati nel corso del XIV secolo due principati autonomi: i due voivodati rumeni. I paesi meridionali dell'Ungheria erano la Serbia e, su una piccola parte del basso Danubio, la Bulgaria.

Il Regno della dinastia angioina in Ungheria durò quasi un secolo, tre generazioni, dal 1301 al 1395.  Le pretese della famiglia riposavano sul matrimonio di Carlo II di Sicilia, figlio di Carlo I di Sicilia, con la principessa ungherese Maria. È nel 1292 che il figlio di Carlo II e Maria, Carlo Martello, prese il titolo presunto di « re di Ungheria », ma non è mai venuto nel paese. In seguito alla sua morte precoce, è a suo figlio Carlo ancora bambino, che spettava l'incarico di conquistare la corona ungherese. Il giovane pretendente arrivò in Ungheria nel 1300. Dopo un'aspra lotta armata, riuscì all'inizio degli anni 1320 a porre fine alla lunga divisione del Regno per imporsi negli anni 1330 come uno dei più potenti principi d’Europa orientale. Dal 1335, Casimiro III (il Grande) di Polonia e Giovanni di Boemia ebbe il ruolo di mediazione tra i due re in conflitto.

Castello di Diósgyőr, corte interna, foto Enikö Csukovits

Carlo I di Ungheria lasciò la Corona al proprio figlio maggiore Luigi, ugualmente erede del trono di Polonia in virtù del trattato di successione concluso nel 1339. Nel 1333, Carlo guidò personalmente  il suo cadetto Andrea a Napoli, per il fidanzamento con Giovanna, nipote e erede del re Roberto di Sicilia. Secondo l'accordo tra i due re, la giovane coppia potrà succedersi al Trono di Napoli. Dopo la morte di Carlo nel 1342, Luigi fu incoronato re di Ungheria senza ostacolo, ma il progetto napoletano fallì: il principe Andrea fu assassinato nel 1345.

Luigi I condusse una politica esterna di espansione con innumerevoli campagne militare. Il frutto di  queste fu molto raramente l'acquisizione reale e durevole di un territorio. Si trattava piuttosto di allargare l'area d'influenza del Regno. Col pretesto dell'omicidio di suo fratello, Luigi condusse una campagna contro Napoli nel 1348, occupò il paese e prese il titolo di re di Gerusalemme e di Sicilia.  Il suo regno napoletano non poteva durare: nonostante una seconda campagna e diverse vittorie militari, egli dové trattare con la regina Giovanna nel 1352. Non rinunciò alla sua pretesa al trono, ma le sue truppe lasciarono l'Italia. Sulle coste della Dalmazia, ristabiliva la sua dominazione nel corso degli anni 1356-1357, rinforzata da due accordi di pace conclusi con Venezia nel 1358 e nel 1381. Dopo la morte di Casimiro III nel 1370, Luigi fu incoronato re di Polonia in applicazione del trattato di successione. Negli ultimi anni della sua vita, gli affari di Napoli finirono bene: nel 1381, il suo protetto, il Principe Carlo di Durazzo s’impadronì di Napoli e si fece incoronare con il nome di Carlo III, dopo avere fatto assassinare la regina Giovanna. Nel 1385, Carlo fu sollecitato da un gruppo di notabili per indossare la corona ungherese, ma egli stesso fu assassinato nel febbraio 1386.

Luigi il Grande non aveva nessun erede maschio, le sue due corone sono quindi cadute in desuetudine: dopo la morte di suo padre nel 1382, Maria diventò la prima regina regnante di Ungheria, mentre sua sorella Edvige salì sul trono polacco nel 1384. Edvige dovette sposare il gran Duca di Lituania, Jagellon, mentre Maria si unì a Sigismondo di Lussemburgo. Le due sorelle morirono giovani, alla nascita dei loro primogeniti: Maria nel 1395, Edvige nel 1399. Portarono i loro titoli reali rispettivi fino al loro decesso, ma l’autorità reale era passata nelle mani dei loro mariti.

Enikő Csukovits, Judit Csákó

Mappa regno di Ungheria

Bibliografia regno di Ungheria

Fonti manoscritte

Banca dati « Les sources d’archives de la Hongrie médiévale »

Fonti narrative pubblicate

  • Szentpétery E. (éd.), Scriptores rerum Hungaricarum tempore ducum regumque stirpis Arpadianae gestarum, I–II, Budapestini, 1937–1938.
  • Thurócz J. de, Chronica Hungarorum, I, Textus, éd. E. Galántai et J. Kristó, Budapest, 1985 (Bibliotheca scriptorum medii recentisque aevorum. Series Nova, 7)

Fonti d’archivio pubblicate, regeste

Opere generali o collettive

  • Csukovits E., Az Anjouk Magyarországon, I, I. Károly és uralkodása (1301–1342) [Les Angevins en Hongrie I, Charles Ier et son règne], Budapest, 2012 (Magyar Történelmi Emlékek, Értekezések)
  • Csukovits E. (dir.), L’Ungheria angioina, Roma, 2013 (Bibliotheca Academiae Hungariae – Roma. Studi, 3)
  • Engel P., Kristó Gy., Kubinyi A., Histoire de la Hongrie médiévale. Tome 2. Des Angevins aux Habsbourgs, Rennes, 2008, p. 19-111.
  • Engel P., The Realm of St Stephen. A History of Medieval Hungary, 895-1526, London – New York, 2001, p. 124-197.
  • Hóman B., Gli Angioni di Napoli in Ungheria, 1290–1403, Versica dall’ungherese di Luigi Zambra e Rodolfo Mosca, Roma, 1938.
  • Kristó Gy., Engel P. et Makk F. (éd.), Korai magyar történeti lexikon (9-14. század) [Dictionnaire de la Hongrie médiévale, 9-14e siècles] Budapest, 1994.
  • Pór A., Nagy Lajos 1326–1382 [Louis le Grand, 1326–1382], Budapest, 1892 (Magyar történeti életrajzok). (1) & (2)
  • Vardy S. B., Grossschmid G., Domonkos L. S. (dir.), Louis the Great, King of Hungary and Poland, New York, 1986 (East European monographs, 194)

Opere specializzate (élite politica, storia istituzionale e degli ufficiali)

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Presentazione regno di Polonia

                    Il regno di Polonia

Il Regno di Polonia della seconda metà del XIV secolo, dominato tra il 1370 e il 1385 dagli Angioini di Ungheria, includeva un insieme territoriale formato dalla Piccola-Polonia («Nuova Polonia», nei dintorni di Cracovia e di Tarnów), la Grande-Polonia («Antica Polonia», nei pressi di Gniezno e di Poznań) così come le regioni nordiche della Mazovia e la Cujavia. Queste province costituivano il nucleo del paese polacco. A Est, lo Stato si estendeva anche grazie alle conquiste recenti di Casimiro III il Grande (1333-1370), alla Galizia, alla Podolia e alla parte occidentale della Volinia. Il Regno, diventato co la restaurazione Piast (1320-1385) una delle potenze tra le più importanti dell'Europa Centrale, conobbe durante i secoli precedenti una storia tormentata.

Cortile del Collegium Majus, Cracovie, foto Enikö Csukovits

La monarchia polacca affonda le sue radici nel 966, quando Mieszko (963-992), principe della tribù slava dei Polani sistemata sulle rive del fiume Warthe (la futura Grande-Polonia), si converte al cristianesimo. Suo figlio Boleslao I il Coraggioso (992-1025) fondò l’arciepiscopio di Gniezno – ciò che segnò la nascita della Chiesa polacca indipendente dall'Impero – e si  fece incoronare re nel 1025. Alla morte del suo successore Mieszko II (1025-1034), il paese cadde nel caos. Il centro del paese si spostò dalla Grande-Polonia alla Piccola-Polonia. Inizialmente il frazionamento del regno si fece nel 1058 – data nella quale il potere fu diviso tra i figli di Casimiro I il Restauratore (1034-1058). Benché Boleslao III detto Boccatorta (1102-1138) fosse riuscito a riunificare la Polonia nel 1106, i suoi figli si spartirono il territorio nel 1138: lo smembramento politico si mantenne durante i due secoli successivi.

È al cronista di Boleslao III di origine franca – conosciuto dalla storiografia con il nome di Anonimo Gallo – che dobbiamo la prima menzione dell'antenato della dinastia: il Principe Piast, che prestò il suo nome alla prima casa reale di Polonia nelle opere degli storici del XIX secolo.

Nel corso del secolo XIII, a dispetto di una mancanza d'unità, i ducati conobbero una crescita economica grazie a mercanti tedeschi, arrivati in gran numero, che fecero prosperare le città. Nel 1226, l’Ordine Teutonico, espulso dall'Ungheria, rispose al richiamo del duca Corrado I di Masovia († 1247) e si stabilì in Pomerania. I cavalieri non si accontentarono del ruolo di protettori dei confini nordici contro i Prussiani pagani, ma fondarono un nuovo Stato, e separarono poco a poco la Polonia dal mar Baltico. Nel 1241, i Mongoli devastarono le terre polacche, ma fermarono la loro avanzata in seguito alla vittoria sull'esercito del duca Enrico II il Pio († 1241) alla battaglia di Legnica (Silesia). Dopo vani tentativi d’unificazione, la dinastia ceca dei Přemysl s’impadronì del potere fra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, spegnendosi però qualche anno dopo la morte di Venceslao III (1305-1306). Ciò permise a Ladislao I detto il Breve (« Łokietek » in polacco) d’unificare i ducati in una lunga lotta durata due decenni. Nel 1320, una volta riunite sotto la sua autorità le province polacche, il duca si fece incoronare re a Cracovia.

Sotto i regni di Ladislao I (1320-1333) e Casimiro III il Grande (1333-1370), il Regno di Polonia diventò uno Stato considerevole in Europa centrale, ma i Piast doverono affrontare le pretese al Trono dei Lussemburgo – eredi del regno di Boemia  –, così come il potere crescente dell'Ordine Teutonico nelle regioni Baltiche. Cercarono quindi l'alleanza del re angioino di Ungheria, Carlo I (1308-1342),  sposato dal 1320 a Elisabetta figlia di Ladislao I. Questo ultimo sovrano agì da mediatore in un compromesso tra Casimiro III e Giovanni I di Lussemburgo (1310-1346): secondo il patto di Visegrád (1335), il re di Boemia rinunciò al trono di Polonia in cambio della Silesia. Casimiro si accordò ugualmente con i cavalieri Teutonici: l’Ordine promise di pagare un indennizzo durante l'accordo di  Kalisz, concluso nel 1343, per compensare la perdita di Danzica da parte dei Polacchi, e rese la Cuiavia al re. Il monarca allargò il territorio del suo regno iniziando una guerra contro la Lituania nel 1340.

L'ultimo sovrano della dinastia dei Piast è conosciuto dalla storiografia per aver consolidato lo Stato polacco centralizzandone l'amministrazione, riformando le istituzioni giudiziarie e regolando le tasse raccolte in nome del re. Casimiro fondò l’Università di Cracovia nel 1364.

Nel 1370, Casimiro III morì senza discendente maschio e Luigi I detto il Grande (re di Ungheria nel 1342-1382 e re di Polonia nel 1370-1382) – figlio di Carlo I di Ungheria – gli successe al trono. Il periodo 1370-1382 fu l’epoca dell’unione personale polacco-ungherese. Il nuovo monarca fu ricevuto a   Stary Sącz – città al confine fra il Regno di Ungheria e quello di Polonia – da una parte dell'aristocrazia polacca, mentre l'altra parte dell'élite politica assisteva ai funerali di Casimiro nella cattedrale del castello reale del Wawel a Cracovia. Questi avvenimenti simboleggiavano le opinioni divergenti riguardanti l’arrivo al potere di Luigi: mentre i nobili della Piccola-Polonia accolgono piuttosto favorevolmente il sovrano della dinastia angioina, le personalità della Grande-Polonia – quelle che evitarono di andare all'incontro con il nuovo re – avrebbero preferito l’accesso al trono dei Lussemburgo. La successione era stata regolata da trattati politici conclusi da Casimiro con gli Angioini di Ungheria, ma la sua parentela con i Piast assicurò anche a Luigi il Trono: Casimiro lasciò il suo paese al figlio della sorella Elisabetta. L’immagine poco favorevole che la storiografia polacca ritrae del regno di Luigi il Grande è ampiamente dovuta al racconto parziale di Giovanni di Czarnków: il cronista, appartenente in opposizione del monarca angioino non dimostrò simpatia nei confronti del successore dell’ultimo Piast. Nel 1374, Luigi pubblicò la sua famosa carta di Kassa (oggi Košice in Slovacchia) con la quale egli risolse diversi problemi legati al governo dello Stato polacco. Con tali disposizioni, gli incarichi del regno dovevano essere compiuti da ufficiali polacchi. Il re intervenne sul sistema fiscale e l’eredità della corona: in assenza di discendenti maschi, le figlie potevano accedere al trono polacco. In sua sua assenza, Luigi affidò gli affari della Polonia a sua madre, Elisabetta Piast († 1380). Ma l’insoddisfazione nei confronti del regime angioino si evidenziò nella rivolta di Cracovia del 1376.

Alla morte di Luigi, le sue figlie gli successero nei suoi due regni: Maria in Ungheria e Edvige in Polonia. Edvige, incoronata a Cracovia nel 1384, dovette rompere il suo fidanzamento con Guglielmo d'Asburgo e sposare, sotto la pressione della nobiltà polacca, il grandeduca di Lituania, Jagellon che si convertì al cristianesimo. Il loro matrimonio nel 1386 segnò l'inizio dell’unione personale lituano-polacca (sino al 1569). Se la regina portò il suo titolo fino alla morte nel 1399, il potere reale fu infatti esercitato dal marito (Ladislao II Jagellon, 1386-1434).

Enikő Csukovits, Judit Csákó

Mappa regno di Polonia

Mappa regno di Polonia

Bibliografia regno di Polonia

Pubblicazioni delle fonti

Fonti narrative

Fonti d’archivio

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La Polonia medievale

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La dinastia angioina in Polonia

Società e istituzioni

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Presentazione Albania

 

            Albania – Epiro – Isole Ionie

 

 

Dopo la quarta crociata nel 1204, l’Epiro era stato uno dei tre stati successori dell'Impero bizantino, accanto a Nicea e Trebisonda. Fondato e governato per lungo tempo da un ramo della dinastia imperiale dei Comneni, lo stato epirota originariamente esteso a Naupactus Dyrrachion e oppositore sia ai Latini che ai Niceni, che restaurò l'impero bizantino nel 1261. Il fallimento dei sovrani d’Epiro per ripristinare l'Impero a loro vantaggio li ha predisposti a portare il titolo di "despota", il più importante dopo quella dell'imperatore. L'Epiro costituì quindi un perno essenziale della politica angioina orientale, a causa della sua posizione strategica sulla strada per Salonicco e Costantinopoli. Gli Angioini cercarono alternativamente di assoggettarli, controllarli direttamente o diventarne alleati. Gli Epiroti, nel frattempo, minacciati dell'espansionismo angioino e bizantino, condussero quindi un gioco di tira e molla, alleandosi successivamente agli uni contro gli altri per preservare la loro indipendenza.

Le guerre tra Epiro e Nicea avevano infatti permesso al re Manfredi di Sicilia di stabilirsi sulla costa albanese di Durazzo (Durrës) a Valona (Vlora) e nell'entroterra fino a Berat nel 1258, poi a estendere il suo dominio, l'anno successivo, su Corfù e il litorale di Chimara a Butrinto. Dopo la vittoria su Manfredi, Carlo I d'Angiò prese il controllo, nel gennaio del 1267, di questi territori, destinati a servire da base per una politica orientale espansionistica che avrebbe dovuto restaurare l'impero latino di Costantinopoli secondo i termini del trattato di Viterbo firmato nel maggio 1267. Quest'ultimo fece di Guglielmo d'Acaia il vassallo di Carlo, e la contea di Cefalonia, composta dalle isole di Cefalonia e Zante, quindi entrò a fare parte dell’orbita angioina.

Inizialmente, Carlo rafforzò il suo potere in Albania e prese il titolo di Rex Albaniae nel 1272. Il territorio del nuovo regno aveva la forma di un rettangolo le cui vette erano Tivar (ora Bar in Montenegro), Prizren (Kosovo), Ohrid e Valona. Ma già nel 1274 un'offensiva bizantina conquistò Berat e la costa epirota. Di fronte a questa minaccia, il despota Niceforo d'Epiro prestò giuramento di vassallo a Carlo nel 1279, che recuperò la costa e lanciò l'anno successivo una spedizione per riprendersi Berat. Ma l'esercito angioino fu annientato e i bizantini ripresero l'offensiva. Nel 1284, Durazzo e Valona caddero. I possedimenti angioini nella regione erano ormai limitati a Corfù e Butrinto.

 

Una nuova fase ebbe inizio nel 1294, quando il principe Filippo di Taranto ricevette da suo padre Carlo II Corfù, Buthrot, i diritti sul regno di Albania e la sovranità sulla Morea, compresa la contea di Cefalonia. Con il suo matrimonio con Tamara, figlia del despota Niceforo, Filippo ottenne anche l'Etolia-Acarnania come dote, così come la promessa di ereditare un giorno l’intero Epiro. Questa promessa non fu rispettata, ma permise ai principi di Taranto di portare il titolo di despota dell'Epiro e di reclamare la provincia.

Il regno di Albania fu recuperato nel 1304 quando Filippo di Taranto riuscì a ripristinare il regime angioino a Durazzo, ma fu limitato, per tutta la sua esistenza, a questa città. Nel 1332, Roberto di Taranto, figlio e successore di Filippo, scambiò Durazzo con il principato di Acaia con Giovanni di Gravina, che divenne Giovanni di Durazzo. La nuova casata, troppo occupata dagli intrighi napoletani e ungheresi, non riuscì a estendere il suo dominio fuori dalla città portuale. Il principe albanese Carlo Thopia, un parente dei principi di Taranto, lo prese temporaneamente per la prima volta nel 1368 e definitivamente nel 1383. La complessità della società e la mancanza di sostegno sul posto non permisero agli angioini di creare uno stato centralizzato come nel caso dei loro altri possedimenti. Il regno di Albania fu principalmente oggetto di una gestione militare ed economica, la cui presenza sul territorio non ha lasciato traccia.

A Sud, Corfù e le dipendenze d’Epiro passarono nel 1373 dal dominio dei principi di Taranto a quello dei re di Napoli, prima di essere occupate dai Veneziani nel 1386. La contea di Cefalonia modificò più volte il suo status. Il conte Nicola era diventato despota d'Epiro nel 1318 e aveva rifiutato quindi di obbedire agli Angioini; Giovanni di Gravina venne dunque nel 1325 per occupare la contea, che fu allora amministrata unitamente al Principato di Morea. Nel 1357, Roberto di Taranto, principe di Morea, la dava in feudo a Leonardo Tocco. Nel 1396, il re Ladislao distaccò la Contea da Principato e ne fece un feudo dipendente da Napoli. I Tocco regnarono a Cefalonia fino alla conquista ottomana del 1479. Infine in Etolia-Acarnania, gli Angioini conobbero un importante ripiegamento territoriale dal 1314. Lepanto fu perduto durante gli anni ’60 del Trecento e restava la sola Vonitsa, affidata ai Tocco. Questi ultimi riconquistarono gran parte della regione dal 1390, ma gli Ottomani la ripresero tra il 1460 e il 1479.

Come si può vedere, ciascuno di questi territori conobbe all'epoca una storia complessa, passando da un ramo all'altro della dinastia e da un gruppo feudale all'altro.

 

Brendan Osswald

Mappa Albania

L'Albania angioina (© I. Ortega)

Bibliografia Albania

 

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Presentazione Morea

           Principato di Morea

La Morea è una penisola che prende nome dal gelso che vi è coltivato, ma corrisponde anche alla provinca ecclesiastica di Acaia. Nell’Antichità, questo territorio apparteneva all'Impero romano, poi passa sotto dominazione bizantina durante la divisione in due spazi. È un territorio le cui ricchezze sono maggiormente agricole, gestito da grandi proprietari terrieri, spesso assenti poiché preferivano i palazzi costantinopolitani.

Chlemoutsi, foto Fl. Sampsonis

Quando i Crociati della IV crociata lasciano l'Occidente, molti di loro sono originari del regno di Francia. Dopo la presa della capitale bizantina nel 1204 e il sacco della città, alcuni seguono Bonifacio di Monferrato al fine di conquistare i territori dei Balcani. Tra questi anche Guglielmo di Champlitte e Goffredo di Villehardouin l’accompagnano verso Ovest e alla conquista progressiva delle piazze greche come Corinto, unica piazzaforte che resiste, mentre il resto del territorio cade senza opporre grande resistenza.

Tra il 1204 e il 1206, gran parte della penisola di Morea appartiene ai Latini che organizzeranno così uno Stato feudale sul modello occidentale. Il primo a prendere il titolo di Principe è Goffredo I di  Villehardouin che prende il principato nella proprio casato. Durante il regno del figlio minore Guglielmo (1246-1278), il principato conosce un momento di splendore: i cavalieri di Morea accompagnano Luigi IX durante la crociata (1248-1249), la penisola del Peloponneso è interamente conquistata dopo la presa di Monemvasia (1248) e il principe finalizza la conquista.

Al fine di aiutare suo suocero il despota d’Epiro, Guglielmo di Villehardouin impegna il proprio esercito al suo fianco per combattere contro Michele VIII Paleologo. Nel 1259, alla battaglia di Pelagonia, la cavalleria di Morea e il principe stesso sono sconfitti e poi imprigionati dai Greci. È solo dopo la presa di Costantinopoli e la ricostituzione dell'Impero greco nel 1261, che Michele Paleologo accetta le negoziazioni. Guglielmo è liberato, così come i suoi cavalieri, ma in cambio della cessione di fortezze al proprio Principato. La presenza dei Greci, in piena espansione, lo obbliga a condurre una guerra permanente sul proprio territorio durante il decennio 1260, mentre non ha più alleati a Est.

Chlemoutsi, foto Fl. Sampsonis

In tale situazione, Guglielmo di Villehardouin cerca il riavvicinamento con la vicina potenza emergente durante questo stesso periodo: il regno di Carlo d’Angiò. A tale fine, si rende più volte nella penisola italiana per incontrarlo, negoziare supporti militari ed economici, e portare sostegno militare al re angioino. Questo riavvicinamento si concretizza nel 1267 con il trattato di Viterbo che prevede, tra l'altro, il matrimonio dell’erede Isabella di Villehardouin con il figlio di Carlo d’Angiò, Filippo, permettendo a questo ultimo di diventare principe di Morea. È anche precisato che in caso di decesso dell'erede, la corona andrebbe in mani angioine. Così, Carlo d'Angiò fa dei suoi discendenti gli eredi del principato di Morea, ma anche del titolo imperiale di Costantinopoli. I Balcani sono per lui una zona intermediaria che gli permettono di accedere più facilmente a Costantinopoli.

La morte di Filippo nel 1277 significa per Guglielmo la perdita del Principato per i suoi discendenti diretti, conformemente al trattato di Viterbo. Il principe Guglielmo muore nel 1278 lasciando il principato ai Angioini.

Isabelle Ortega

 

 

Mappa Morea

Peloponneso - Morea (© I. Ortega)

Bibliografia Morea

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Presentazione ducati Bar e Lorena

                    I ducati di Bar e di Lorena

 

Il re Renato d'Angiò diventa duca di Bar a pieno titolo il 23 gennaio del 1430 alla morte del cardinale Luigi di Bar, unico erede di tale ducato, che lo aveva adottato, e duca di Lorena quando muore il duca Carlo II di cui ha sposato la figlia maggiore Isabella, il 25 gennaio del 1431. Queste alleanze sono frutto di speculazioni politiche sviluppate nell’ambito di rivalità, nel regno di Francia, tra Valois e Borgognoni che s'intrecciano con quelle stabilite tra Asburgo e Wittelsbach nell'Impero. La regione costituisce allo stesso tempo un confine e un incrocio. 

I due ducati, finora rivali e spesso opposti nelle molteplici guerre che oppongono principi laici e ecclesiastici della regione, si trovano quindi riuniti, o almeno in mano ai membri di una stessa famiglia.  La presenza angioina coinvolge i ducati di Lorena e di Bar nella politica internazionale aldilà della loro situazione di « Pays d’Entre-Deux Grands » o tre…

Fino al 1473, Renato d’Angiò e i suoi eredi maschi, Giovanni di Calabria suo figlio maggiore diventato duca di Lorena alla morte di sua madre nel 1453, e Nicola d’Angiò figlio di questo ultimo che gli succede nel 1470, hanno tutti operato in Lorena trascorrendovi una piccola parte di loro tempo.

Due battaglie memorabili hanno modificato le sfide politiche ed economiche della presenza angioina a Est del regno di Francia. Durante la prima, à Bulgnéville nel 1431, Renato d’Angiò sostenuto da suo cognato il re di Francia Carlo VII, è sconfitto e imprigionato dal duca di Borgogna Filippo il Buono, alleato del suo rivale alla testa del ducato di Lorena, Antonio di Vaudémont, che non può impossessarsi del ducato, nonostante la sua vittoria, a causa dell'opposizione del re Sigismondo di Lussemburgo. Il matrimonio della figlia maggiore di Renato, Iolanda con Ferry figlio di Antonio, risolve finalmente questo conflitto e fa nascere Renato II futuro erede dei ducati.

Nel frattempo, la necessità di trovare fondi per pagare il suo riscatto e risarcire i grandi signori caduti con lui dei loro soldi e delle perdite subite, guida in larga misura la politica condotta in Lorena e Barese da re Renato, nel corso dei decenni successivi. Le difficoltà riscontrate fanno eco a quelle di Carlo VII nella ricostruzione necessaria per uscire dalla Guerra dei Cent'anni. I due uomini ne discutono durante l'inverno che passano insieme in Lorena nel 1444-1445, fino al matrimonio di Margherita figlia di Renato d’Angiò con il re d'Inghilterra Enrico di Lancaster, che dovrebbe riportare la pace tra Francia e Inghilterra.

Dopo avere ceduto quantità di feudi e di elementi dai domini ducali, Renato annulla le cessioni e tenta di portare a buon fine un insieme di riforme per conoscere meglio le sue proprietà e feudi, si assicura della fedeltà dei suoi vassalli e dell'integrità dei suoi territori, fa economie nella gestione, migliora la circolazione delle derrate alimentari e difende i suoi Stati e il loro inserimento negli scambi con i loro vicini.

Questi orientamenti vanno di pari con le sue ambizioni mediterranee, per motivare la frequente raccolta fondi sulle popolazioni: la riconquista effimera del regno di Napoli finita pietosamente nel 1442, rimane un obiettivo a volte dichiarato, a volte nascosto dietro l'aiuto fornito alternativamente a diverse città italiane e al re di Francia. Giovanni di Calabria, figlio maggiore di Renato d'Angiò, governa Genova nel 1458-1464, attacca in diverse occasioni Ferrante d’Aragona, si oppone a Luigi XI poi si riconcilia con lui. Il suo scopo principale, cioè la riconquista del regno di Sicilia, lo porta finalmente in Catalogna dove muore a Barcellona il 16 dicembre 1470. La Lorena ha contribuito a queste spedizioni, accordandogli aiuti finanziari e l’invio d'uomini d’arme, partecipanti all'organizzazione di spedizioni marittime. Essa è presente nella sua cerchia vicina e in quella del cognato Ferry de Vaudémont, con il quale si dividono la carica delle operazioni e del governo dei suoi Stati, dei nobili e grandi ufficiali  sino ai segretari. Poiché Giovanni di Calabria, nel mezzo delle sue spedizioni lontane, è entrato in Lorena diverse volte non riesce a evitare le lotte di influenza borgognone e francesi nei ducati, nei confronti dei vescovati e delle città come Epinal. Se l'aiuto della Francia è stato indispensabile nelle sue  imprese esterne, essa comporta un rischio d’assorbimento che si protrae anche dopo la morte: suo figlio Nicola gli succede per meno di tre anni e muore il 23 luglio 1473 improvvisamente, in modo da fare sospettare un avvelenamento ordinato da Luigi XI, la cui figlia gli era promessa sposa, ma che ormai rappresentava un’alleanza superflua. Le guerre di Borgogna trovano una via d'uscita nella battaglia di Nancy, nel gennaio del 1477, ma rimane la questione fondamentale: Luigi XI continua a bramare i ducati di Bar e di Lorena. Gli interessi borgognoni sono affidati a Filippo il Bello che tenta di estendere la sua influenza nei ducati. Il nuovo duca di Lorena, unico erede degli Angioini da parte di madre Iolanda alla morte di Renato d’Angiò e, con l’estinzione del ramo del Maine, non ha altra scelta che barcamenarsi tra i suoi potenti vicini, cercare d’imporre uno status di «marchese» e di sforzarsi di difendere il suo buon diritto. È in questo spirito che egli rivendica ininterrottamente l’eredità della Provenza presso i re Luigi XI, Carlo VIII e Luigi XII, sempre invano però. Ridotto nei fatti al possesso dei ducati di Bar e di Lorena ai quali si aggiungono dei beni dispersi nel regno, Renato II si rassegna lentamente a farne il punto d’appoggio della propria politica. Fra confini linguistici e frontiere tra Impero e regno di Francia, egli avvicina progressivamente i suoi Stati, lotta a lungo contro le intromissioni amministrative, giudiziarie, commerciali, ma anche politiche ed ecclesiastiche dei suoi potenti vicini, e getta le fondamenta durevoli di un principato ancora ammirevole nel XVII  secolo.

Hélène Schneider

Mappa ducati Bar e Lorena

Bibliografia ducati Bar e Lorena

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